Quando rimasi incinta di mia figlia, dopo qualche mese sentii affiorare dentro di me il desiderio di chiamarla DIANA. Mi piaceva il richiamo a DHYANA, che in sanscrito significa meditazione, ma mi piaceva anche l’idea che portasse il nome di una DEA, la DEA DELLA CACCIA, più precisamente è la dea dei boschi, libera e selvaggia, vive a contatto con la natura con le sue amiche ninfe e protegge tutti i cuccioli di animali, soprattutto le femmine. Quando decisi di chiamarla così, in relatà non sapevo ancora che nell’antichità era considerata anche la DEA DEL PARTO. Artemide Diana, è una dea greca e romana, aiutò sua madre LETO a partorire APOLLO, suo fratello. Per questo motivo venne poi venerata ed invocata dalle partorienti perchè assicurasse loro un parto facile. Artemide Diana rappresenta il lato selvaggio e istintuale del parto e aiuta a liberarlo. Rappresenta la furia che le donne esprimono e sentono al momento del parto.
Ed è stato proprio così, mia figlia Diana mi ha regalato un bellissimo parto, veloce ed intenso, senza ostacoli nè intoppi. Siamo entrate in sintonia ed entrambe abbiamo dato il meglio di noi per arrivare finalmente alla meta, incontrarci. Senza esserene consapevole, avevo chiamato mia figlia come una delle tante DEE DEL PARTO, ricerca che intrapresi solo successivamente.
Ricordo che circa un mese prima del parto, il cui termine era previsto per il 25 Gennaio 2014, inizia a sentire paura, un’emozione più che normale nelle donne che si avvicinano al parto. Paura che deriva dal non sapere cosa ci aspetta, paura dello sconosciuto, dell’imprevedibile, paura del dolore, paura che qualcosa possa andare storto, paura di vedere il bambino reale, etc etc…..
Da tutte queste paure emerse il mio desiderio di trovare un supporto, una forza, un appiglio a cui aggrapparmi quando mi assaliva la paura.
Iniziai in modo spontaneo e naturale a visualizzare la DEA KALI, divinità indiana che rappresenta la forza femminile, anche nel suo lato più violento e selvaggio. Solo successivamente, scoprii che anche lei era considerata una DEA DEL PARTO, più precisamente la dea della nascita e della morte, della trasformazione. Kali è stata rappresentata accovacciata nell’atto di partorire l’universo. Possiamo riconoscere e vedere KALI nell’atto di spingere il bambino fuori dal grembo materno, nel lato selvaggio e violento che la donna esprime durante il parto, attraverso le urla, i movimenti del corpo e la liberazione del dolore.
Ogni volta che visualizzavo l’immagine di KALI, con i suoi capelli scompigliati e la lingua fuori, mi dava una grandissima forza interiore e determinazione nell’affrontare il parto. Mi sentivo forte come lei.
Da lì iniziò la mia ricerca e scoprii che esistevano diverse DEE DEL PARTO. Ognuna di loro, con la sua immagine e storia particolare, mi diede grande ispirazione e coraggio. In qualche modo mi sentivo protetta. Ecco qui il link di tutte le Dee del parto a cui potete ispirarvi e chiedere protezione: https://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dee_Parto.htm
Ho vissuto il mio travaglio e parto con naturalezza , spontaneità , libertà ed istintualità fin dall’inizio. Era il 26 gennaio 2014, una domenica pomeriggio di sole milanese, il giorno dopo la data presunta del parto. Era proprio la domenica del mercatone dell’antiquariato a Milano, sui Navigli. Mi sono fatta parte del travaglio camminando sul naviglio grande, parte a casa, mettendo musica di mantra indiani, facendo un bel bagno caldo per aiutare la dilatazione e facendo gli esercizi ostetrici per il travaglio: oscillazioni, dondolamenti del bacino, vocalizzi. Ho passato tanto tempo sul mio letto, nella postura del bambino con dei cuscini per appoggiarmi e il bacino sollevato in alto. Le contrazioni erano diventate molto forti ed intense, ma quegli esercizi insieme ai vocalizzi mi aiutavano tantissimo a sopportare e liberare il dolore. Ricordo anche che mi chiamò al telefono mia madre, ma non riuscii a terminare la conversazione. Nel frattempo il mio compagno Stefano stava mangiando dei tortellini, io non ero riuscita a mangiare niente ed era già passata da tempo l’ora del pranzo. Gli dissi che sentivo che era arrivato il momento e dovevamo correre subito in ospedale. Il tragitto in macchina fu la parte più difficile e dolorosa, per arrivare al Buzzi dovevamo praticamente attraversare la città, e farlo velocemente perchè ormai sentivo che mi avvicinavo sempre di più alla fase espulsiva. Arrivata in ospedale, ero ormai dilatata di 10 cm!!! L’ostetrica che mi visitò rimase stupefatta. Chiesi se si poteva riempire la vasca, ma mi dissero che non c’era più tempo, dovevo andare subito in sala parto per fase espulsiva.
Ormai ero in competa TRANCE, ero in un’altra dimensione, non c’era più il senso del tempo, dello spazio, le immagini intorno a me erano sfocate. Ricordo vagamente delle ostetriche giovani che mi circondavano. Mi lasciarono completamente libera di partorire come volevo, senza dirmi o impormi niente. Mi buttai letteralmente sul lettino ostetrico, a carponi, posizione del bambino ma con il bacino sollevato, appoggiata sugli avambracci. Il mio compagno mi stringeva le mani davanti a me. Le spinte iniziarono ad arrivare da sè, non ero io che spingevo, era Diana che spingeva forte e la sentivo. Semplicemente io assecondavo le spinte ma SENZA SPINGERE REALMENTE, tutto avveniva da sè. L’immagine più forte che apparse nella mia mente durante quelle spinte fortissime, furono le fauci di un LUPO MANNARO che si aprivano. La mia bocca iniziò ad aprirsi proprio come quelle fauci, facendo uscire un suono animale, sovraumano, un suono mai sentito od ascoltato prima d’ora.
L’immagine del LUPO MANNARO era la stessa che avevo visto mille volte nel film “ Un lupo mannaro americano a Londra” di jhon Landis, uno dei film preferiti di mia mamma. Mia madre me lo fece vedere da piccola, cosa che mi traumatizzò indubbiamente ma poi divenne anche uno dei miei film preferiti. Devo dire che rievocare quell’immagine del film della trasformazione dell’uomo in lupo mannaro mi servì tantissimo come immagine di forza durante il parto, perchè in quel momento io mi sentivo proprio così, mi stavo trasformando anchio in un animale selvaggio.
Così dopo il Lupo e l’ultima spinta, nacque mia figlia DIANA ADITI, e la mia vita si riempì di una gioia immensa, di un amore incondizionato mai provato prima.
Anche il secondo nome, ADITI, è il nome di una DEA. O meglio, ADITI è la madre di tutti gli dei dell’induismo. Il suo significato è: “ Libertà senza vincoli”……….
E voi mi direte, con questi due nomi che hai scelto, te la sei proprio cercata!!!!…………..ebbene sì.
Consiglio a tutte le donne che si avvicinano al grande evento del parto, di stampare le immagini delle DEE, visualizzarle ogni tanto, in particolare nei momenti in cui vi assale la paura, chiedere loro protezione, utilizzarle come talismani protettori. Come tutti i simboli, andranno a penetrare nel vostro inconscio e vi aiuteranno a superare le paure.
Buon viaggio a tutte!!!!