VBAC, partorire naturalmente dopo un cesareo, la storia di Dolma

Per la nascita di Arianna, la mia prima figlia, ho avuto un parto cesareo, probabilmente non necessario. Ancora in reparto, chiesi ai medici se fosse possibile e quanto fosse probabile un parto naturale dopo un cesareo. Mi dissero che era una pratica oggi sempre più possibile. Da allora in me nacque la certezza che se avessi avuto un altro figlio, mi sarei concessa questa opportunità…

L’esperienza del parto l’avevo sempre immaginata ed attesa come un potente rito di passaggio, un momento sacro e meraviglioso da attraversare con fiducia e senza paura.

Quando il mio primo travaglio, indotto, prese la strada della chiusura e mi condusse in via preferenziale -come su una super strada- ad un parto cesareo, tutto quello che mi ero prefigurata fino ad allora, ossia la naturalezza e grande forza intatta di quell’evento, si infranse, lasciando in me una ferita nel cuore, oltre che sul ventre.

Dopo quasi tre anni dal primo parto aspettavo Luca. Sin dal primo momento feci qualsiasi cosa fosse in mio potere per proteggere, difendere e realizzare un parto naturale. Appena appresi di essere incinta telefonai alla mia ostetrica di fiducia, Paola, per annunciare la notizia della gravidanza e affidarle il mio grande auspicio per quella nascita.

Scelsi l’ospedale di Monza, perché i dati erano confortanti rispetto al numero di VBAC (vaginal birth after cesarian) effettuati dalla struttura e per via dell’impostazione che incentiva il parto naturale.

Cercai con impegno e dedizione di preparare il mio corpo ad affrontare il parto: sedute di osteopatia e di yoga per migliorare l’elasticità, apprendere la respirazione …Col senno di poi posso dire che oltre al corpo, fu molto importante preparare la mia mente.  Il primo passo fu volere intensamente un parto naturale e affidare questo desiderio alle persone più care, scoprendomi e mettendo a nudo la mia intimità e fragilità. Incontrai poi Susanna e Marta del percorso di yoga prenatale “Nove Lune”: ad uno dei primi incontri parlammo delle nostre paure e di come ci possano condizionare profondamente. Ricordo che fu importante e commuovente condividere nel cerchio di donne la mia aspirazione per questa nascita.

Nel gruppo sperimentammo la visualizzazione come strumento di sostegno nel parto. Gli archetipi femminili del parto, le icone delle antiche dee partorienti mi svelarono qualità e competenze che il corpo della donna può avere al di là del pensiero razionale e che ritrovai nella fase espulsiva del mio travaglio.

La mia quarantesima settimana arrivò presto e come nel caso della prima gravidanza, ero ben oltre termine. I giorni passavano lentissimi…il conto alla rovescia rendeva densi e prolungava i giorni oltre al pensabile…non avevo ancora alcun segnale di travaglio. L’attesa cominciava a snervarmi e farmi vacillare, mi proiettava inesorabilmente nello schema del mio primo parto, che finì con un’induzione complicato anche a causa della data post-termine.

Facevo lunghe camminate e ogni due giorni dovevo andare a Monza in ospedale per il monitoraggio, dove ginecologhe gentili rispettavano il mio desiderio di partorire naturalmente e benché l’ambiente fosse quello freddo di un ospedale, le sentivo alleate nel non prospettare azioni che avrebbero cominciato a minare il cammino del parto in fisiologia.

Camminando nel mio quartiere, fra le bancarelle variopinte del mercato del venerdì, sentii che qualcosa si era mosso…Dopo quella passeggiata cominciarono delle lievi contrazioni, che mi visitarono per altre notti…avevo perso il tappo! Chiamai Paola, che mi visitò e poi tornò il giorno dopo per passare la notte a casa con noi. Era bello averla con me, io non riuscivo a dormire e il dolore mi disturbava terribilmente….

Fu all’alba di martedì che decidemmo di andare in ospedale. Dopo alcuni giorni di pioggia nell’aria c’era una brezza primaverile e in cielo si affacciava un sole tiepido e gentile…Sentii che Luca era pronto! Quel giorno era anche finito il segno del Toro e cominciava il Gemelli. Appena Marco mise in moto l’auto, si ruppero le acque e sentii una liberatoria leggerezza…la pancia non tirava più come prima ed il mio travaglio proseguiva fisiologicamente, mi sentivo felice e speranzosa! Arrivata in ospedale mi visitarono, ero ancora poco dilatata, mi alloggiarono in una stanza intermedia tra sala parto e degenza. I dolori erano forti ma le contrazioni ancora troppo irregolari per essere efficaci…Soffrivo molto, cercavo una posizione che mi aiutasse, sul letto appoggiata su una pila di cuscini trovai sollievo accovacciata con petto in avanti offrendo i reni ai massaggi di Marco e di Paola.

Le contrazioni -seppur dolorose- non riuscivano a dilatarmi…sembrava ripetersi lo schema del mio primo parto…stanchezza, dolore e fatica presero il sopravvento e cominciai a implorare un’anestesia o addirittura un parto cesareo. Come in preda a un raptus dissi chiaramente a Paola che questa storia di insistere con il parto naturale era una vera stupidaggine! Cominciai ad essere piuttosto arrabbiata e decisa a far finire questo dolore in un modo o nell’altro. Intanto il travaglio proseguiva…

Mi portarono in sala parto. Era una stanza bella e accogliente, decorata con fiori arancioni e aveva una grande vasca. Era ampia, molto più grande della precedente, di nuovo invocai il l’aiuto di un’epidurale.

Temendo che il travaglio si sarebbe arrestato per effetto dell’anestesia i dottori temporeggiarono ancora, ma poi accolsero la mia richiesta. Quando l’anestesista entrò lo benedissi: era una specie di angelo salvatore ai miei occhi!!! Lo avrei baciato dalla gioia! Finalmente potei riposare, mi sdraiai sul lettino e crollai in un riposo ristoratore….si susseguirono le visite di due ginecologi, il primo dei quali sembrava deciso a interrompere l’idillio facendomi di volata un cesareo…era buffo sentire in lontananza Paola e l’ostetrica di turno in ospedale parlare tra loro e allearsi contro la diagnosi del ginecologo…quasi come uno spirito negativo quell’uomo sparì poco dopo inspiegabilmente, risucchiato da interventi d’urgenza arrivati al momento giusto, lasciandomi scossa e vacillante sul mio lettino.

In quel momento successe qualcosa di bizzarro: entrò in stanza un’ostetrica anziana, il volto segnato dalle rughe e profondissimi occhi verdi. Aveva un aspetto autorevole, sembrava tutti nutrissero rispetto nei suoi confronti e conosceva bene e da molto tempo anche la mia Paola. Questa donna, entrata in stanza senza ragione clinica alcuna, svegliò mio marito Marco che era ormai stremato e stava dormendo a terra su un puff per partorienti, intimandolo di mettere ordine nella stanza e negli armadietti, poi azionò l’aria condizionata, mi fece sedere a carponi, diede una serie di ordini apparentemente ingiustificati e piuttosto nonsense a tutti i presenti e rivolgendosi a me disse: “ Cosa fai con quegli occhi vigili, non sei mica al lavoro! Tu controlli troppo!!”….Azionato questo piccolo terremoto se ne andò “ora scusatemi- disse- devo far partorire una donna”….Poco dopo raggiunsi la piena dilatazione.

Con il senno di poi, percepii questi atti dell’anziana ostetrica come degli atti quasi “psicomagici”, che non avevano un senso a livello ospedaliero, ma servirono a scuotermi e a dare un cambio energetico deciso alla situazione.

Fu quasi divertente veder riapparire il ginecologo trafelato, scusandosi per non essere riuscito a tornare prima, il quale visitandomi dovette ricredersi…disse che contro ogni suo pronostico ero pronta per la fase espulsiva e se ne andò definitivamente!

Non potevo crederci…Stava per iniziare adesso la strada senza ritorno che avrebbe fatto incontrare me e Luca…la fase espulsiva.

Mi aiutarono a sedermi e mi portarono un’enorme coppa gelato all’amarena…che consumai accovacciata sullo sgabello del parto!!! Dovevo riprendere le forze dissero!!!Sembrava un festeggiamento!

Era l’alba del giorno successivo a quello in cui ero arrivata e arrivò una nuova ostetrica, Gloria, che mi accompagnò con vera gloria durante la fase espulsiva…Fu un tripudio di energia: potermi impegnare attivamente, spingendo, urlando, potendo cambiare posizione, conscia di essere d’impatto ad ogni spinta per il passaggio di Luca, mi dava enorme soddisfazione e quasi non sentivo il dolore, ma solo la forza del mio corpo…prima appesa ad una liana di stoffa, poi sdraiata su un fianco e infine accovacciata, spinsi e urlai dal profondo impiegando tutte le mie forze. Marco mi disse che c’eravamo quasi, anche Paola mi disse che Gloria si era preparata con un grembiule per accogliere Luca….

Qualche altra spinta e Luca sgusciò fuori da me per tornare poi sul mio petto pochi istanti dopo…Provavo un senso di gratitudine infinita. Ero quasi incredula…ce l’avevo fatta…Luca aveva affrontato con me il cammino e ci eravamo incontrati naturalmente!

La mia intenzione aveva vacillato, ma le mie “guardiane del parto” erano rimaste salde accanto a me per proteggermi…La mia ostetrica e le ginecologhe che mi avevano protetta nel percorso del VBAC, le amiche e le compagne di viaggio che “pregavano” e mandavano i loro pensieri positivi…sapevo che l’apporto della rete di protezione era stato importante e mi sentivo felice, grata e piena di grazia.

Condivido questo racconto per me stessa e per dare forza e incoraggiamento a tutte le donne che come me vogliono affrontare un VBAC.

Credete in voi stesse e circondatevi di figure sanitarie e sostegni amicali che supportino fino in fondo il vostro desiderio!